Perché si ha paura di andare dallo psicologo?
Il pensiero di dover parlare di sé con un altro, almeno inizialmente sconosciuto, preoccupa: c’è il timore di essere giudicati per la propria debolezza o svalutati nel proprio dolore. Oltre a questo, potrebbe esserci l’idea che, una volta nominato, il problema diventi ancora più reale e potente.
Di fatto, una sofferenza senza nome e senza voce, finisce per controllare la nostra vita senza che ce ne rendiamo conto, limitando e minando le nostre possibilità di godimento e realizzazione.
La relazione terapeutica crea uno spazio-tempo diverso da quello della vita quotidiana, utile a fermarsi, a pensare, a fare l’esperienza di abitare le proprie difficoltà emotive con un altro e scoprirle non più sovrastanti o bloccanti, ma affrontabili e superabili.
Cosa non fare dallo psicologo?
Tre consigli su cosa non fare dallo psicologo
- Avere fretta: qualsiasi equilibrio, anche quando fonte e motivo di sofferenza, consente alla persona un adattamento al proprio ambiente di vita. Per questo, la necessità di ritrovare uno stato di benessere in tempi brevi, deve essere bilanciata con il bisogno di cambiare coi giusti tempi. Un mutamento troppo rapido può essere spaventoso e destabilizzante e può portare alla decisione di interrompere la terapia per non dover mettere in discussione troppe parti di sé e della propria vita
- Giudicarsi: ritenersi troppo lenti nel migliorare, troppo deboli per non avercela fatta da soli, ridicoli per i motivi che originano la propria sofferenza. Il miglioramento e la risoluzione delle difficoltà richiedono in primo luogo un movimento di accettazione ed accoglienza verso di sé e le proprie vulnerabilità
- Confrontare la propria esperienza con quella degli altri, emettendo su di sé giudizi di valore o disvalore. Nessuna esistenza può essere in tutto uguale ad un’altra, la storia di ognuno di noi è unica ed irripetibile ed in quanto tale deve essere compresa ed ascoltata.