Difficile, anzi difficilissimo…come bere un bicchier d’acqua.
Mi saluta con la mano A. Non parla quasi più con gli estranei. Lo fanno i suoi genitori per lui, ma dopo poco lo vedo indossare la mascherina fino a coprire gli occhi. Lo guardo, mi sento soffocare, lui inizia a contorcersi ed inclinarsi sulla sedia, ora verso la madre ora verso il padre. Mi allarmo, penso ad un peggioramento. Non cessa di muoversi ed emettere mugolii. La madre, malcelando rabbia e vergogna, gli chiede di essere ‘normale’. Il padre parla d’altro. Dobbiamo trovare un senso e glielo dico, ma il senso non arriva. Passiamo a parlare della scuola. Lui si calma ed io capisco. Non vuole che si tocchino alcuni argomenti, propongo di chiedere il suo permesso prima. Annuisce.
I bambini hanno il diritto di essere ascoltati
Degli amici vuol parlare, ed a modo suo ne parla, disegnandone i nomi nell’aria, con un dito, e sfidandomi ad indovinare: Samuele, Dario, Pietro, Roberto. A volte ‘scrive’ troppo velocemente e non capisco, altre sbaglio di proposito solo per restare insieme ancora un po’, sospesi in aria, ad un capo e l’altro di un filo sottilissimo. Lui a lanciare i suoi pensieri, io ad afferrarli. Una lettera per volta.
Si avvicina all’orecchio del padre, ha sete. Su questo sono preparata, gli offro dell’acqua, frizzante. Lui si disseta ed io distendo il respiro. Ne chiede ancora e, dopo un po’ di esitazione, accetta di venire lui verso di me questa volta. Il padre sorpreso commenta che non beve mai acqua frizzante. Forse era davvero assetato, ne conclude.
O forse può iniziare a provare qualcosa di nuovo, ribatto io, una piccola cosa. Come perdersi e poi ritrovarsi in un bicchier d’acqua. E non trattenerla più quella goccia, la goccia che fa traboccare il vaso, che fa germogliare il silenzio. Fiorire la parola.
I bambini hanno il diritto di essere ascoltati ed il diritto al silenzio, quando le parole non sono quelle giuste.